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Quando in Liguria arrivò il treno (e la modernità)

Come abbiamo già visto in un precedente articolo, la rete viaria ligure fu estremamente arretrata fino alla prima metà dell’800′. Questo sia per l’atavica miopia a riguardo da parte delle amministrazioni locali fin dai tempi della Repubblica, sia per il notevole vantaggio economico e temporale che offriva il piccolo cabotaggio marittimo rispetto al trasporto mediante carri a trazione animale. Tuttavia, la rivoluzione industriale a metà del secolo era ormai in pieno sviluppo e necessitava così, principalmente per le nuove esigenze del nord Italia, la costruzione di ferrovie di collegamento con i porti marittimi. La ferrovia permetteva lo spostamento di merci e persone in tale economia e velocità rispetto al passato, da costituire un vero shock psicologico e socioculturale nelle popolazioni di allora. Questo in particolar modo in Liguria ove, oltretutto, i paesi costieri si trovarono, per scelta costruttiva delle società ferroviarie del tempo, ad essere attraversati, sovrastati (da ponti) e devastati nei litorali dal passaggio dei binari.

Anche allora ci furono comitati pro e contro,ma le leggi dell’economia vincono su tutto e sui sentimentalismi in primo luogo. Fa quasi tenerezza pensare che mentre a Genova si tentava nel 1849 un anacronistico ritorno al passato della Liguria con una sanguinosa rivolta anti piemontese, poteri forti avevano già deciso per l’immediato ineluttabili e moderni progetti industriali, ferroviari ed urbanistici (costruzione a Genova di Via Assarotti, via Caffaro, circonvallazione a monte ecc.).

La prima linea ferroviaria ligure, fu la Genova – Torino passante per la galleria di Busalla, Novi ed Alessandria, costruita con un costo esorbitante, fra 1846 ed il 1853, lunga 166 km; La seconda fu Genova – Voltri  iniziata nel 1853 e terminata nel 1856; La terza fu Voltri – Ventimiglia, costruita fra il 1860 ed il 1872; La quarta fu Genova – Massa Carrara  (1860-1874): La quinta Savona – Torino con derivazione per Acqui (1861-1874); Seguirono La Spezia – Val di Taro (1888) ; La succursale dei Giovi (1889), che permette mediante un traforo di congiungere celermente Mignanego con Ronco Scrivia, saltando Busalla; La linea Genova – Ovada – Asti ( 1894). Fu proposta ma non fu mai eseguita una linea Albisola – Sassello – Acqui.

In pratica, in meno di mezzo secolo, la Liguria si munì di una rete ferroviaria capillare che permetteva un trasporto merci dai porti principali di Genova, Savona e Spezia con linee dedicate direttamente verso l’entroterra, mentre ne rimaneva ancora privo il porto di Imperia, e per sempre escluso quello di Lerici, che convertì la sua economia da porto mercantile a turistico.

Le opere in corso richiedevano allora gran quantità di operai e poche macchine, al contrario di ciò che vi occorre oggi, e questi anni furono pertanto una grossa opportunità per le piccole economie dei paesi interessati. A costruzioni finite il treno, che allora viaggiava ad una media di 30 km\h, permise l’instaurarsi del pendolarismo in certo raggio attorno alle  città liguri che non furono più soltanto popolosi centri storici, ma cominciarono ad avere un vero e proprio interland  da cui gli individui potevano lavorare nelle industrie cittadine e tornare ad abitare la sera nelle proprie campagne limitrofe.

A ridosso dei porti, così serviti dalle ferrovie, sorsero subito industrie pesanti che si avvantaggiavano del rifornimento immediato di materie prime via mare ed a Genova, per esempio, si produssero all’Ansaldo le prime locomotive a vapore di serie.

Come in ogni epoca pionieristica, anche per le giovani ferrovie liguri non mancarono incidenti e disastri: il più famoso fu quello che avvenne l’11 Agosto 1898 al Piano Orizzontale dei Giovi, ovvero all’imbocco del  traforo per Busalla allora a binario unico. Nella lunga galleria, che è in salita, stava salendo faticosamente verso nord un treno merci i cui conduttori asfissiarono, anche causa l’insufficiente areazione per i fumi venefici emessi dal combustibile della vaporiera: Per economia, non era carbon fossile, ma trattavasi di mattonelle di pece e polvere di carbone pressati, prodotte a Novi dalla ditta del senatore Edilio Raggio (Wikipedia). Il convoglio pertanto, non più governato, si arrestò per poi rinculare liberamente a ritroso, fino all’imbocco alla stazione del Piano Orizzontale dei Giovi ove sostava un treno passeggeri. Lo schianto fu spaventoso, vi perirono nove persone e ve ne rimasero ferite più di 100.

Fa parecchio strano che la tossicità di quei fumi fosse già nota, tanto da rendere obbligatorio il consumo di un bicchiere di latte a fine purificatorio da parte dei macchinisti all’uscita della galleria di Busalla. Nel 1899 si lamentano scontri di treni a Novi San Bovo (un morto), a Campoligure ( tre morti), oltre a quello più grave avvenuto nella lunga galleria di Bergeggi ( quattro morti).

Una curiosità: a Genova la prima stazione, quella di Principe, fu iniziata nel 1853 ; Era una stazione “di testa” (come la Centrale di Milano), dove la linea da Torino  terminava sfioccandosi in dieci binari sotto un’ampia copertura a volta di acciaio. Di poco posteriore è la stazione Brignole che fu dapprima costruita come  baraccamento in Piazza Brignole e poi, nelle attuali fattezze, più ad est in occasione dell’Esposizione Mondiale del 1905. Da essa partivano i treni per il Levante ed inizialmente le due stazioni non erano comunicanti fra loro. Le due stazioni sorelle furono unite solo nel 1872 dalla lunga galleria di collegamento detta  “Traversata” . Il Miscosi riferisce che durante la sua costruzione fu rinvenuta dagli operai che scavavano nelle profondità della città, una tomba che ospitava resti di giganti.

G.R.

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