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Salita sci-alpinistica al Mutzag-Ata

Dopo il grande successo della scorsa settimana ,abbiamo ancora una nuova avventura da segnalarVi  tratta  dal libro di Giangi  Fasciolo “Passo dopo passo”.
Leggete  questo reportage di viaggio emozionante….

Giangi Fasciolo, istruttore nazionale di Sci-Alpinismo, Genova

Dal mio libro, salita sci-alpinistica al monte Muztah-Ata, 1992

Il Gran Combin e poi il Breithorn e il Gran Paradiso mi avevano allenato per la spedizione che avrei fatto in luglio nel Sinkiang Cinese al Monte Muztagh-Ata, di ben 7546 metri di altezza! E’ stato il monte più alto che abbia salito in vita mia, perché alcuni anni dopo tentai un 8000 ma arrivai soltanto a 7000 metri. Inoltre sci-alpinisticamente è stato un evento importante perché è una delle poche montagne himalaiane oltre i 7000 metri la cui vetta può essere raggiunta con gli sci, quindi una grande gita sci-alpinistica.
Il Muztagh-Ata è una bellissima montagna situata nel Pamir in Cina, dall’alto dei suoi 7546 metri “il Padre dei Monti di Ghiaccio”,così viene chiamato in lingua cinese, domina la pianura sottostante e riflette la sua immagine nel lago Karakul situato a quota 3600 metri.
Mi ero appoggiato all’organizzazione di viaggi Avventure nel Mondo così eravamo riusciti a risparmiare qualcosa sui biglietti aerei. Il nostro gruppo era formato da 7 persone di varie sezioni del CAI: Mario Trimeri, Annamaria Ulissi, Beppe Comba, Renano Pizzagalli, Giorgio Nespoli, Luciano Caminati e il sottoscritto; con loro ho voluto vivere l’avventura di quella ascensione tralasciando per qualche tempo le montagne delle nostre Alpi, incantevoli ma a volte fin troppo affollate. Non conoscevo nessuno del gruppo e come le precedenti spedizioni volevo incontrarmi in montagna con loro per vederli qualche volta; per esperienza sapevo che bisogna essere molto affiatati quando si va in ambiente severo e la compattezza del gruppo e l’affidabilità dei componenti è fondamentale. Sempre per esperienza (mia e di molti altri) sapevo che le spedizioni rovinano sovente delle amicizie a volte per motivi banali ma l’alta quota e lo stress ingigantiscono le problematiche e portano a conflitti a volte irrisolvibili e si può arrivare al fallimento dell’impresa. Riuscimmo quindi a incontrarci una volta a Bologna, purtroppo non in montagna, e da quella riunione cercai di capire le qualità alpinistiche di ciascuno. Mario era molto motivato, era un capogruppo di Avventure nel Mondo ed era abituato ad organizzare, aveva anche qualche sponsor che non dava certo fastidio; Luciano era come Mario, provenienti dalla stessa città andavano sovente assieme; Renato era allenato e forte, simpatico, pensammo subito di fare coppia come cordata e in tenda; Giorgio forse voleva fare più un giro turistico e non era molto allenato comunque sperava di riuscire a salire in cima con noi; per quanto riguardava Beppe e Anna capii che non erano grandi sciatori e avremmo dovuto sostenerli tecnicamente, comunque di buona compagnia ci tenevano molto a partecipare.
Il tempo passava velocemente ed ero nei preparativi: abbigliamento, farmacia, ossigeno di riserva, viveri da alta quota, macchinine e penne per i bambini dei villaggi, mille telefonate.  Presto arrivò il giorno della partenza, ci trovammo il 5 luglio  all’aeroporto di Roma all’imbarco, tutti con una maglietta rosa, molto riconoscibili, stracarichi di bagagli.Cercavamo di entrare nei limiti di peso imposti dalla compagnia ma era impossibile, gli sci davano una bella botta all’ago della bilancia, allora minacciavamo di metterci gli scarponi da sci ai piedi e maglioni e giacca addosso, ma la signorina non si commuoveva! Finalmente arrivò un tipo che forse stufo di vederci  lì davanti concordò con noi una cifra accettabile per il soprappeso e riuscimmo ad imbarcarci.
Roma-Atene, scalo tecnico, sosta a Karachi che è nel sud del Pakistan dove faceva un caldo becco e quindi coincidenza con il volo per Rawalpindi, anche lì caldissimo!
Dopo avere completato i rifornimenti di viveri e bombole di gas, con una piccola corriera vivacemente colorata partimmo alla volta della valle di Hunza, nel nord del paese, seguendo la Karakorum highway, strada sterrata lungo la quale sono disseminati piccoli paesini quali Gilgit, Chilas, Karimabad. A turno salivamo sul tetto per godere meglio del paesaggio e fotografare  ma dopo poco rientravamo scottati dal sole e coperti di polvere. Sui tetti delle case a terrazze venivano messe a seccare prugne, fichi, albicocche, papaia creando scorci variopinti e nelle soste ne approfittavamo per rifocillarci. Erano 42 gradi durante il giorno e si trovava poca acqua da bere, ambiente quindi molto arido. Frequenti erano i posti di blocco e sempre molte le formalità. Dopo alcune ore di viaggio da Gilgit raggiungemmo un’oasi molto bella e sostammo in una specie di bar formato da una tettoia e alcune panche; ci furono offerte angurie e albicocche e da lì si poteva ammirare in tutta la sua maestosità il Monte Rakaposhi di 7800 metri, meta ambita di tutti gli alpinisti himalaiani.
Arrivammo nel pomeriggio dell’8 luglio a Karimabad, bellissimo paesino a 2500 metri di quota, dalle case colorate, faceva un po’ meno caldo e alloggiammo al Hill Top Hotel, bello, pulito, camere con doccia (forse le ultime) e con alcuni negozietti nelle vicinanze. La cena fu a base di riso e spezzatino, una leccornia! Di sera andammo a passeggiare sulle alture vicine e si intravedevano in lontananza le alte montagne.Il giorno dopo entrammo in Cina, eravamo a 4700 metri di altezza, finalmente non era più caldo ma il paesaggio era aridissimo e grigio; passammo molto tempo alla frontiera per il controllo dei documenti e ci toccò dormire in un hotel squallidissimo e sporco. Oramai eravamo quasi arrivati alla fine del viaggio, infatti il giorno dopo toccammo le sponde del lago Karakul, è stato un momento magico: la montagna si stagliava di fronte a noi impazienti, era così vicina che sembrava di toccarla, fotografavamo a raffica, facevamo ipotesi di salita. Ma la realtà era ben diversa, il rumore dei cammellieri che caricavano i bagagli sugli animali e la lunga strada da percorrere a piedi rammentavano che il campo base era ancora lontano ed era necessario salire lentamente per iniziare un’adeguata acclimatazione. Il sentiero saliva ripido costeggiando il torrente impetuoso, i cammelli andavano per i fatti loro con i conducenti, noi seguivamo dietro pian piano. A Giorgio accadde la prima delle disavventure: tentando di saltare il torrente ci finì dentro fino al collo e con lui tutta l’attrezzatura fotografica; si incavolò parecchio ma non potè fare altro che riprendere a camminare veloce per scaldarsi! Per alcuni giorni al campo base mise ad asciugare gli obiettivi ma guardandoci dentro si vedevano sempre i pesci!
Alcuni tendoni tipo militare e molte variopinte tendine a cupola montate su un pianoro significavano che la zona campo base era stata raggiunta. Eravamo a 4600 metri, si stava bene, molte persone si aggiravano fra le tende. Qui il nostro gruppo fece la conoscenza di Yan Zhi Qiang, il responsabile cinese del campo che si dimostrò molto cordiale e premuroso. L’unica cosa in cui non riuscì molto bene fu quella di farci apprezzare la cucina cinese, per cui sovente preferivamo le nostre razioni , il parmigiano, o i salamini di Beppe. Anna aveva portato un barattolo di almeno 3 chili di nutella, alimento non troppo ortodosso ma certamente preferibile al cocomero fritto dei cinesi.
Al campo c’erano alcune spedizioni, una tedesca, una polacca una italiana guidata dalla guida di Bardonecchia Alberto Re che stava rientrando dalla vetta, una giapponese che aveva le tende tutte uguali montate con simmetria perfetta, avevano anche una parabola con telefono satellitare e lo affittavano a caro prezzo per alcuni minuti di conversazione con il proprio paese.
Per onor di cronaca voglio segnalare un fatto increscioso che accadde mentre la spedizione italiana di Alberto Re stava smontando il campo per andarsene; tolte tende e tendoni, e caricati i cammelli, rimase sul terreno una tale quantità di spazzatura tra cartacce, lattine, pannolini, carta igienica, bottiglie, pezzi di corda, picchetti, stracci, sacchetti di plastica, tutto rigorosamente firmato italiano, che assieme ai cinesi riempimmo 8 sacconi di plastica da 60 litri e andammo a bruciarli in un lontano luogo predisposto! Mi vergognai di essere italiano! Quando i cammellieri cinesi mi guardavano senza parlare abbassavo lo sguardo arrossendo sotto l’abbronzatura.
Due giorni di riposo e di preparativi e finalmente partimmo per il campo uno a quota 5600, dove portammo tende, materiali e viveri. Il giorno dopo favoriti dal bel tempo, continuammo a salire su neve dura e pendii molto ripidi. A metà strada ci levammo gli sci per superare una ripida seraccata e fissammo due corde fisse per sicurezza; a quota 6300 installammo il campo II dopo aver scavato alcune buche per le tende. La discesa al campo base era a questo punto d’obbligo, per potere riposare a quota più bassa; a malincuore ci lanciammo in serpentine sulla neve fresca caduta durante la notte e col fiato molto grosso e stanchi arrivammo al nostro tendone.
Riposo, tentativo di ricupero alimentare a base di peperoncini, pomodori con zucchero, zuppa di colla di pesce, crostacei presi chissà dove, capretto durissimo, forse morto di vecchiaia, e l’immancabile anguria fritta.
Voglio raccontare un altro episodio accadutoci mentre ci riposavamo al campo: un mattino il cuoco si svegliò ubriaco di birra, o forse non era neanche andato a dormire, era molto agitato e litigava con tutti, aveva in mano una scure di quelle usate per tagliare la carne, e minacciava chiunque si fosse avvicinato. Entrò nella tenda di Anna con l’attrezzo in mano minacciandola, lei si rintanò dietro il saccopiuma, poi uscì urlando, a questo punto mi feci avanti per cercare di calmarlo ma si ribellò lanciandomi contro la scure dalla distanza di alcuni metri, mi mancò per un pelo sfiorandomi l’orecchio sinistro allora in quattro ci buttammo addosso a lui e riuscii a fargli una iniezione di valium che invece di calmarlo lo agitò ancora di più.
Per evitare guai peggiori raccogliemmo i bagagli velocemente e partimmo per il campo uno. Mai decisione fu presa cosi velocemente e all’unanimita! Faceva molto freddo ma noi eravamo accaldati per l’agitazione, passammo dal campo uno e arrivammo al campo II a 6300 metri. Le tendine montate i giorni precedenti avevano resistito al vento e ci accolsero ospitali. Nella notte il termometro era sceso a meno 20! Il giorno seguente partimmo per il campo III, piantammo le tende  a 6800 metri dopo avere scavato faticosamente due piazzole sul pendio inclinato; qui non dormimmo molto bene per il freddo e il forte vento che sbatteva i teli della tenda.
Alle nove di mattina, appena sorto il sole, uscimmo dai sacchipiuma e via verso la vetta. I movimenti erano molto lenti, un passo e tre respiri, ogni 20 metri una sosta. Dopo 6 ore arrivammo finalmente al pianoro sommatale, vento e nevischio ostacolavano la visibilità, l’altimetro segnava 7600 metri, non potevamo che essere in vetta. Ci inginocchiammo quasi sulla neve imbottiti nei piumini, cercavamo di respirare e pensavo già alla discesa; se fosse salita la nebbia sarebbe stato un guaio. Breve sosta con tentativo di bevuta di granita dalla borraccia, alcune foto verso la catena del Kongur che si eleva per 7800 metri con i suoi numerosi ghiacciai che scendono verso la pianura e laggiù in fondo il lago Karakul. Sembrava impossibile, dieci giorni prima eravamo là a cercare la via di salita! Di fronte a me iniziava il bellissimo pendio di neve fresca da scendere, stretti gli attacchi partii con una bella serie di serpentine ma mi stavo dimenticando che non ero a quota 3000 sulle Marittime e dopo cinquanta metri mi piegai in due affannato, avrei voluto avere altri due polmoni di scorta! Allora cominciai a sciare con curve tranquille e frequenti soste. Era finita, anche quella stupenda ascensione come tante altre entrerà nei ricordi ma certamente quello che non dimenticherò mai è l’intensa amicizia che mi ha legato ai compagni di salita.
La fatica, il freddo, la tensione, lo zaino pesante e l’ebbrezza della discesa hanno contribuito a creare un bellissimo rapporto fra di noi.

 

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