Musica oltre confine

JOE HENRY

Prosegue la “vendemmia sonora” di Musica Oltre Confine, non esistono barriere o confini nei filari ove si coltiva/produce musica “buona”, infatti oggi vi voglio presentare il cd “Short Man’s Room” (Mammoth Records 1992) di JOE HENRY.
Ma chi è JOE HENRY?

Nasce il 2 dicembre 1960 a Charlotte, nella Carolina del Nord. Cresciuto nell’area di Detroit, nel Michigan, frequenta l’Università del Michigan e si trasferisce a New York City nel 1985. Dopo il suo album di debutto del 1986, “Talk Of Heaven”, poco ascoltato, Henry firma un contratto con la A&M Records, che pubblica l’album del 1989 “Murder Of Crows”, prodotto da Anton Fier e con il leggendario Mick Taylor alla chitarra. Nel 1990, Henry si stabilisce a Los Angeles con la moglie e il figlio, abbandona le sonorità rock & roll di “Murder Of Crows” per le atmosfere acustiche di “Shuffletown”, prodotto da T-Bone Burnett. Si addentra poi nel territorio influenzato dal country e dal folk di “Short Man’s Room” (1992) seguito da “Kindness of the World” (1993), due album in cui è accompagnato dall’acclamato gruppo alt-country dei Jayhawks, che su questa pagina abbiamo già presentato mesi addietro. A questo punto mi fermo con la biografia ,perché voglio parlare di “Short Man’s Room”, di cui esiste solo la versione cd, udici “chicche” che lo rendono prezioso, delizioso, musicalmente perfetto e ricco di atmosfere uniche.
Joe sa catturare la nostra emozione giocando sulla qualità del suo operato: liriche intelligenti, musica coinvolgente. Dylan e Morrison sono le sue fonti di ispirazione principali, Woody Guthrie e Ray Charles i modelli del passato da cui apprendere, mentre il cinema e la letteratura il nutrimento interiore.

“Short Man’s Room” è stato registrato dal vivo in studio, questa volta su un 8 tracce, con i Jayhawks come house band, alternando un’atmosfera dura e grintosa, da “on-the-road”, con un’atmosfera più rustica e da “string band” acustica.
Non c’è alcuna diminuzione della potenza spontanea ed emotivamente diretta del canto di Henry, che ricorda un Bob Dylan a metà strada tra gli album “John Wesley Harding”, “New Morning” e “Planet Waves”, con frammenti completamente assimilati di Mark Knopfler (in “Sault Sainte Marie”), Richard Fariña, John Hiatt (in “Last One Out”), Neil Young, persino Paul Simon (in “Best to Believe”). Queste sono le coordinate per l’ascolto se possono esservi di aiuto.
Il violino ha un ruolo primario, la sezione ritmica si fa sentire, chitarre acustiche e mandolino sono spesso in evidenza. La vena di Joe è sempre molto malinconica, il suono notturno, spontaneo ed evocativo, è diretto ad una fascia di ascoltatori ben precisa. Qualche titolo..
“Good Fortune” è subito trascinante; “King’s Highway”è condizionata da una forte matrice folk con il violino che prevale. “Short Man’s Room»è molto triste, sempre il violino protagonista, “The Diving Bell” è folkeggiante ed amara, “Sault Sainte Marie” sembra più allegra, piena di speranza, un inno alla vita.
Un cenno a parte merita “Last One Out” ,uno splendido brano dalla sceneggiatura decisamente dilaniana. I Jayhwaks ed il violino di Mike Russell sono i protagonisti marginali di una delle canzoni più belle uscite nel 1992…

Joe Henry prosegue la sua carriera di artista con ottimi album ,avventurandosi su nuove strade senza mai dimenticare di “suonare buona anzi ottima musica”. E’ uno dei cantautori più ricercati degli ultimi tempi e allo stesso tempo uno dei produttori più richiesti nel giro della musica americana. I dischi che ha prodotto, quelli di musica nera in particolare,  la raccolta “I Believe To My Soul”, hanno lasciato un segno ,perché ricchi delle migliori performance dei loro interpreti.  Vorrei citare:  Bruce Cockburn, Shivaree, Solomon Burke, Ani DiFranco,  Aimee Mann, Jim White, Loudon Wainwright III e Mary Gauthier.
Questo è Joe Henry… ora non vi resta che ascoltare “Short Man’s Room”. (Lupo Solitario)

Liguria Dinamic

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