Si legge

Un chilo alla volta

il libro descrive la lotta di una giornalista donna, diventata obesa a causa della malattia e della morte del marito.

Questa storia è un grido di dolore e nel contempo la narrazione del piano comportamentale ed alimentare attuato dalla protagonista per uscirne.

“Vi siete mai guardate allo specchio senza riconoscervi? Io l’ho fatto per tanto, tantissimo tempo. Forse troppo. Avete mai sentito il respiro cedere, mentre il desiderio di cibo cresceva?

Io non ero curvy, ero grassa, eppure odiavo quella parola. Che in realtà, se uno si accetta, non fatica a riconoscerlo: dopo tutto, è la descrizione di un corpo, come esiste il magro, così il grasso. E allora perché io non volevo sentirmelo dire?

Io non mangiavo per fame. Né mangiavo per noia. Mangiavo dolore.

Volevo soffocare il pianto con il cibo. Volevo vincere la guerra e alla fine ho perso me stessa.

E sono scesa all’inferno. L’inferno dell’obesità.

Ma la fine non era la fine. Era l’inizio della mia seconda vita.”

I chili di troppo erano 47: quello era  il peso dell’inferno

Prosegue l’autrice: ” mi ricordo ancora gli sguardi della gente, il loro disgusto “peccato sia così grassa, avrebbe un bel viso”

In questa situazione il cibo non veniva assunto per noia o per curiosità , ma solo a causa del dolore. Uccidere il dolore con il cibo, questo era lo scopo, ma il cibo invece ha portato inesorabilmente verso l’obesità.

la storia ha un lieto fine:dopo la scelta di inserire un palloncino intragastrico che si rivelerà essere risolutiva  e una lunga serie di battaglie vinte giorno per giorno, un chilo alla volta, per l’appunto.

Pm

Liguria Dinamic

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