Parliamo d'arte

Paradiso Perduto

L’opera di Sala di questa settimana è un inno alla magnificenza della natura, con colori caldi e avvolgenti, tipici della Sua arte, ma non fermatevi solo all’apparenza… il messaggio è molto profondo.

Titolo: Paradiso Perduto

Tecnica: olio&sabbia su tela

Formato:60x80cm

Anno: 2003

Introduzione dell’autore:

Oggi (domenica 8 marzo 2020) ho deciso di concedermi alcune ore a passeggiare nel bosco. L’intento era quello di portare pace e serenità nel mio sentire e placare i pensieri, che in questi ultimi quindici giorni mi/ci stanno scorrendo, come mille torrenti in piena. Sono torrenti che esondano di informazioni forse, dico forse, poco veritiere: alterate, deformate, contaminate (termine molto attuale) da chi sta sopra di noi tutti. Siamo vicini all’equinozio di marzo, sarà l’inizio di una primavera che ricorderemo insieme ad altre: primavera araba, la primavera di Praga, la rossa primavera e la primavera del Botticelli.Il nome non spetta a me, ma sicuramente essa sarà ricordata.

Rientro a casa, non ho risolto tutti gli interrogativi, ma Madre Terra non tradisce mai ,perché porta pace, serenità ed equilibrio. Definisco il contatto con la natura come una carezza al corpo, cuore e anima. Entro nello studio, rovisto nell’archivio e mi arriva nelle mani il dipinto “Paradiso Perduto”. Non credo alla casualità ,anche perché la giornata di oggi ha voluto riconnettermi ad un vissuto. Era l’anno 2003 all’insegna di guerre, attentati ed epidemia dalla Cina (SARS).

Breve descrizione dell’opera presentata questa settimana. E’ uno scenario surreale alla prima osservazione, forse non equilibrata, ove molti oggetti si muovono, ma si incastrano fra loro, come piccoli pezzi di vetro colorati. E’ un immaginario caleidoscopio, che profuma di aria, terra e natura. Leggiamo più attentamente “Paradiso Perduto”, partendo dal lato sinistro dell’osservatore: girasoli, dai toni caldi-estivi danzano al vento ed alcuni petali entrano in altri “frammenti di vetro”; un albero antico e saggio non è più radicato al terreno, ove fusto e rami sono galassie per indicare nuove rotte salvifiche. Celato dietro il fusto compare un vaso di terracotta con una pianta grassa (succulenta e cactacea), che rappresenta l’azione dell’uomo di riprodurre, conservare e proteggere. Il tutto fluttua sul deserto, caldo, arido e sabbioso ma la vita viene chiamata in causa dalla forza e perseveranza dell’agave, pianta dalle note proprietà, una fra i tante  di rinforzare il sistema immunitario. Ora spostiamoci verso destra in alto ove troviamo un frutto antico: la mela. La sua evoluzione botanica risale al Neolitico e ahimè nell’immaginario collettivo la mela o pomo viene associata al peccato di Adamo e Eva. Il suo sapore dolce  e allettante riconduce alla seduzione del peccato. Nell’arte barocca è spesso rappresentata nello scheletro che la tiene  in mano a indicare che il prezzo del peccato originale è la morte. In ambito profano, la mela, per via della sua forma sferica, rappresenta il cosmo. In molti dipinti venne infatti riprodotta in mano a re e imperatori, poi in epoca cristiana venne sostituita dalla croce. Ragione per cui il simbolo della Terra è un cerchio con una croce sovrapposta. Simbolo di fertilità per la giovane coppia nell’antica Grecia, in altre opere antiche il Gesù bambino afferra la mela dall’albero, come atto di prendere su di se tutti i peccati del mondo. Ho rappresentato nel dipinto “Paradiso Perduto” il frutto come  speranza e purificazione dei nostri peccati. In primis  il non rispetto di Madre Terra. Nell’altro “frammento di vetro” si scorge un cielo immenso azzurro e arabescato da bianche nuvole ove tre montagne magenta (colore) si elevano prendendo il nome di Picco Fede, Picco Speranza e Picco Carità. Essi rappresentano il luogo sacro ove andare a meditare nel silenzio assoluto, come i maestri Yogi. All’inizio della catena montuosa un giovane albero di colore verde spunta fra i rami dell’albero antico facendo capolino alla Luna piena e gialla. Questo “Paradiso Perduto” non è ancora perduto sta a tutti noi cambiare traiettoria, modo di pensare e vedere l’amore nel nostro prossimo. Possiamo farcela.

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